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Cartoline da Parigi: a casa di Rodin

rodin tciLa riapertura è passata in sordina.

Almeno sul momento. Perché è avvenuta il 12 novembre scorso. Un giorno prima di quello che ormai è diventato l’undici settembre parigino. Indubbiamente all’inizio l’onda lunga della paura si sarà sentita anche nelle sale del nuovo Musée Rodin, riaperto dopo tre anni di lavori. Oggi però è un’altra storia. Ed è anche primavera, la luce è diversa e le 30 opere nel giardino si godono ancora meglio. Decido di andare finalmente a scoprire il nuovo look dell’hôtel Biron, che qualche anno fa avevo lasciato grigio e vetusto, stanco. Le sale e i giardini vivevano della luce riflessa dalle opere di Rodin, sinfonie celestiali che prendono forma dalla materia senza staccarsene, sottolineando il contrasto, giocando con marmo, gesso e bronzo. Oggi trovo uno scrigno elegante in cui ogni dettaglio è stato accuratamente pensato per esaltare le forme e i colori delle opere. Vetrine e mobili, certo, ma anche luci e allestimento degli ambienti. Prendete le pareti, per esempio. Sono state dipinte di una tinta speciale, di un grigio chiamato Biron Grey studiato in una nuance che esalta il colore delle statue, siano esse di marmo, di gesso o di bronzo. E mentre la tonalità muta nelle stanze che furono lo studio – uno degli studi – di Rodin, sulle pareti si alternano i quadri della collezione privata dello scultore, appesi come li avrebbe probabilmente appesi lui. Appesi, comunque, come avviene in una casa privata. La museografia e l’allestimento hanno tenuto conto anche di questo aspetto, raggiungendo magistralmente l’obiettivo di far sentire il visitatore non all’interno di un museo ma in una dimora privata. Costruita nel XVIII secolo, diventata la residenza degli ultimi dieci anni di vita di Rodin, che la cedette allo Stato insieme a tutte le sue collezioni e che dal 1919 venne trasformata in museo. Oltre alle sue opere, per sua stessa richiesta riserva uno spazio anche a quelle di “Camille C.”, cioè Camille Claudel. Ribelle e sfortunata, simbolo del femminismo e diventata l’artista donna più amata dai francesi.

La totale rilettura del percorso espositivo, tematico e cronologico allo stesso tempo, è la vera novità di questo museo. Che non riapre dopo tre anni e 16 milioni di euro di lavori (condivisi fra ministero della Cultura e della Comunicazione e Musée Rodin, l’unico museo di Francia ad autofinanziare tutte le sue attività) come uno spazio museale rinnovato ma come un luogo in cui a rinnovarsi è proprio lo sguardo su Rodin e sulle sue opere. Inserite magistralmente nello spazio e incorniciate dai caldi colori del legno, le opere giocano con la prospettiva come magneti che appaiono al fondo di corridoi attirando sguardi e passi senza però rubare mai la scena alle vetrine e ai piedistalli lungo il tragitto. Ecco i quadri dipinti negli anni in cui esitava – e giocava – tra pittura e scultura, ecco quelli della sua collezione privata (220 in totale, di cui circa 70 esposti), firmati da Monet, Renoir, Carrière (bellissimo il Théâtre de Belleville restaurato e riportato al suo splendore), Munch (il Pensatore dell’artista norvegese è qui) e Van Gogh, presente con uno dei suoi tre quadri dedicati al Père Tanguy, il commerciante di tempere perennemente in credito con gli artisti che lo ripagavano con le loro tele. Ecco il paravento dietro cui si cambiavano i modelli di Rodin ed ecco le sue opere imprescindibili, dall’Età del Bronzo al Bacio, ispirato a Paolo e Francesca. Luce naturale, armonia, intimità. Gettate uno sguardo oltre le finestre, nel giardino dove la visita prosegue fra bronzi monumentali come il Pensatore, Balzac e la Porta dell’Inferno, alla quale lavorò per trent’anni. Respirate l’atmosfera dell’autentica casa privata di un artista che qui, all’inizio del Novecento, riceveva ammiratori e giornalisti, collezionisti e mercanti d’arte.

Le sale raccontano gli oltre quarant’anni di carriera che nel 1900 portarono Rodin a diventare l’artista più celebre di Francia, rincorso da committenti da tutto il mondo e salutato da un successo senza pari in patria, dove però non divenne mai un “artista ufficiale” perché rifiutò sempre le convenzioni dello stile. Chi altri avrebbe osato scolpire Balzac in veste da camera, privando lo scrittore dei consueti penna-libro-poltrona, rompendo con i canoni e creando un’opera assolutamente rivoluzionaria per il 1897? Il risultato fu lo scandalo, la revoca dell’incarico e la morte prima della versione in bronzo, realizzata nel 1935 ed esposta oggi nel giardino del museo.

www.musee-rodin.fr, martedì-domenica, ore 10-17.45, mercoledì fino alle 20.45

Par Carla Diamanti

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